“Nel 2023 sono state circa 70 le persone che si sono tolte la vita in carcere. Nei primi mesi del 2024 erano già 30, una ogni 3 giorni e mezzo”. È il dato che emerge dall’ultimo dossier di Antigone sui suicidi in carcere e che ci riporta ad un quadro chiaro di un sistema penitenziario in crisi.
Come emerge dal dossier, seppur questo numero sia lontano dai dati del 2022 (quando 84 detenuti si sono tolti la vita dietro le sbarre, raggiungendo un picco senza precedenti), la situazione continua ad essere critica e merita attenzione.
Dietro quei numeri, infatti, ci sono persone con storie di disperazione, segnate anche da un sovraffollamento disumano, dall’isolamento sociale e da un’assenza quasi totale di supporto psicologico. Queste condizioni degradanti non solo violano la dignità umana, ma spingono persone già vulnerabili verso l’abisso. Il carcere, che dovrebbe essere un luogo di riabilitazione, si trasforma così in una trappola mortale.
Alcuni numeri
Oltre a condizioni strutturali come il sovraffollamento e la mancanza di supporto psicologico, molti di coloro che si sono tolti la vita provenivano da contesti di estrema marginalità. Su 100 casi di suicidio, 42 persone erano di origine straniera, un dato preoccupante se consideriamo che gli stranieri rappresentano solo il 31,3% della popolazione detenuta totale, suggerendo un tasso di suicidi significativamente più alto tra i detenuti stranieri rispetto agli italiani.
Inoltre, almeno 22 persone soffrivano di patologie psichiatriche e almeno 12 avevano già tentato il suicidio in precedenza. Le storie di queste persone includono anche situazioni di tossicodipendenza (almeno 7 casi) e di senzatetto (almeno 6 casi), riflettendo un quadro di vulnerabilità estrema che il sistema penitenziario non riesce ad affrontare adeguatamente.
Il lavoro di Sbarre di Zucchero
Alcuni post dell’associazione Sbarre di Zucchero, un’importante rete nazionale che nasce con l’obiettivo di mettere al centro del dibattito sociale il tema del carcere, il miglioramento delle sue condizioni, l’aiuto costante alle donne detenute.
Il nome nasce proprio a seguito del suicidio della detenuta Donatella Hodo nel carcere veronese di
Montorio.